Ecco le tre parole chiave di un PNRR che innovi davvero verso il territorio

di Barbara MangiacavalliPresidente FNOPI* Gli infermieri rappresentano la figura centrale attorno cui ruota gran parte della rivoluzione del territorio disegnata nel Recovery Plan.

Data:
10 Luglio 2021

Ecco le tre parole chiave di un PNRR che innovi davvero verso il territorio

di Barbara Mangiacavalli
Presidente FNOPI*

Gli infermieri rappresentano la figura centrale attorno cui ruota gran parte della rivoluzione del territorio disegnata nel Recovery Plan.

Ci sono tre concetti chiave in questo senso su cui vorrei condividere alcune riflessioni.

Uno è la necessità di parlare di contenuti anziché di contenitori ed è il concetto su cui intendo soffermarmi con maggiore attenzione.

Un secondo concetto è quello dei fabbisogni formativi e quindi anche professionali.

Il terzo è sull’ infermiere di famiglia e di comunità, che fa parte anch’esso del ragionamento sui contenuti e non sui contenitori

Dico questo perché i contenitori sono stati ampiamente ben descritti e anche sostenuti da numeri, dati ed evidenze che in particolare AgeNaS ha messo in risalto con una visione assolutamente concreta, così come ha fatto a più riprese l’Istituto superiore di sanità e la segreteria tecnica del ministero della Salute.

I contenitori sono stati definiti e discutere se il contenitore si deve chiamare in un modo piuttosto che in un altro lo trovo un mero esercizio teorico ridondante non produttivo e che non ci consente soprattutto di parlare del contenuto.

Perché il problema è questo, il contenuto: come si sta dentro le case della comunità come si sta dentro il distretto.

Altrimenti non si fanno i necessari passi avanti.

Dobbiamo parlare di contenuto e non continuare a ragionare per silos.

Cambiamo il nome alle cose, ma dentro si lavora sempre come si stesse in un silos e non si fa lo sforzo di lavorare per processi e per percorsi trasversali.

Continuiamo a lavorare con una frammentazione delle politiche economiche delle politiche sanitarie delle politiche sociali e quindi tutto si trasforma in una frammentazione di modelli organizzativi istituzionali sociali o sanitari.

Non concordo con chi non ha la volontà di parlare di integrazione, perché si integra ciò che è diverso perché ciò che uguale non ha bisogno di integrazione.

Dobbiamo integrare ciò che è diverso se vogliamo fare un passo avanti e quindi cambiare anche la cultura dei professionisti. E qui torno sul significato e il senso profondo della formazione delle professioni sanitarie.

Credo che debbano essere ripensati tutti i modelli formativi di tutte le professioni sanitarie e trovo assurdo che non ci si incontri mai durante la formazione e non ci si conosca durante la formazione, ma magicamente poi si riesca a lavorare insieme: qualche passaggio prima si deve anche fare.

Quindi il cambio di cultura deve partire dai banchi dell’università di tutte le professioni sanitarie e deve continuare con l’apprendimento organizzativo, la formazione on the job, anche rispetto ai modelli regionali.

Parlo di contenuto perché il sociale e il sanitario devono essere integrati. È vero, noi infermieri lo abbiamo fatto, compiendo un passo concreto, anche in un recente incontro con l’Ordine nazionale degli assistenti sociali.

E lo abbiamo fatto perché ci siamo resi conto – e rivendichiamo questo risultato e questo ruolo – che durante la pandemia chi entrava nelle case delle persone sono stati gli infermieri e gli assistenti sociali: sono loro che hanno raccolto un bisogno che era frammentato e che hanno provato a ricomporlo.

Abbiamo provato a farlo con i mezzi che avevamo e gli infermieri sono stati i primi a essere coinvolti in modo diretto per questo ruolo, grazie anche all’intervento del decreto Rilancio (la legge 77/2020) che proprio in questo senso ha introdotto l’infermiere di famiglia e di comunità nel distretto.

Gli infermieri sono stati quelli che insieme ad altri professionisti, prevalentemente gli assistenti sociali – quei pochi che ci sono – sono andati nelle case delle persone, anche magari solo a fare un tampone.

Ci siamo resi conto delle situazioni di fragilità di visibilità di prossimità che non erano state prese in carico; il grande disabile positivo al Covid assistito dai genitori ottantenni positivi al Covid e non in grado di alzarsi dal letto; famiglie che non mangiavano da due giorni.

Questo l’hanno visto gli infermieri e gli assistenti sociali e questo lo rivendichiamo nel disegno del PNRR e nella sua struttura.

Allora questo ruolo lo rivendichiamo nel contenuto e non nel contenitore perché non se ne può più di sentir parlare di contenitore e di leggere articoli in cui si discute se si deve chiamare in un modo piuttosto che in un altro o in cui ci si riferisce ancora a questioni ormai inesistenti di gerarchia.

Spero che la forza del PNRR sia quella di rivedere e innovare modelli, spero che la forza stia nel non ragionare più di contenitori e gerarchie.

Si raccomanda l’équipe multiprofessionale in cui secondo me deve esserci un team leader che rappresenta la professione che risponde al bisogno prioritario trovato in quella famiglia, in quella comunità, in quel singolo.

Allora costruiamo il team leader sul bisogno prevalente che sia sanitario, sociale, sociosanitario, socioassistenziale e quindi i meccanismi di lavoro non possono essere gerarchizzati secondo modelli precostituiti, ma deve esserci un adattamento reciproco, non la standardizzazione delle competenze, ma la standardizzazione della formazione

Questa è una vera équipe multiprofessionale.

Ultima riflessione sul contenuto.

Credo sia ora di finirla di dire che le politiche contrattuali rappresentano un alibi per non realizzare l’integrazione multiprofessionale.

Sono sì rilevanti, ma non devono essere l’elemento dirimente nella costruzione dei meccanismi operativi dalla stessa équipe multiprofessionale, dentro un disegno più ampio innovativo: non possono continuare ad essere un alibi

Il secondo aspetto è il tema del default dei fabbisogni.

Fabbisogni formativi di base, specialistici, e ovviamente parlo per le professioni che rappresento: infermiere e infermiere pediatrico

Si deve ragionare per modelli organizzativi assistenziali e la Federazione condivide questo modello.

Quindi la politica dei fabbisogni e il dialogo tra ministero dell’Università, ministero della Salute e Federazione si deve orientare verso una politica indirizzata su quali modelli professionalmente si devono realizzare: quali e quanti professori interni alla professione occorrono, quali competenze occorrono, compresa la formazione specialistica per l’infermiere di famiglia e di comunità piuttosto che la formazione necessaria ai bisogni clinico assistenziali complessi.

Senza ignorare anche i bisogni manageriali.

Il governo di questi processi trasversali, dalle case di comunità ai distretti alla Centrale operativa territoriale (Cot), ne discute, perché lo stesso PNRR è un luogo in qualche modo virtuale di interconnessione, di intercettazione di quei bisogni che spesso sono inespressi o non manifesti.

Quando io, infermiere, entro in casa e trovo quei bisogni, sono pronta e preparata per affrontare determinate situazioni ma spesso ne trovo altre. Allora riporto alla Cot che definisce, organizza, strutture e percorsi, mettendo in rete case della comunità, specialisti, il medico di medicina generale il terzo settore il volontariato

Terzo aspetto il focus dell’infermiere di famiglia e comunità. È stato citato più volte e sembra l’uovo di Colombo. La Federazione nazionale però da almeno 10 anni continua a sostenerlo e ad affermare che l’infermieristica di famiglie di comunità è un’evoluzione non solo auspicata, ma anche doverosa rispetto alla modifica dei bisogni di salute delle popolazioni.

Siamo riusciti a portarla a casa con un grande lavoro istituzionale.

E qui permettetemi anche di ringraziare Tonino Aceti che ha condiviso un pezzo di strada con gli infermieri nel triennio passato e con tutti gli interlocutori con cui direttamente abbiamo lavorato per l’infermiere di famiglia e comunità dal Ministero della Salute alla Conferenza Stato Regioni.

Non a caso si chiama di famiglia e di comunità.

Il “di famiglia” per noi significa che l’infermiere è il candidato naturale a essere in qualche modo il care manager il case manager e ora parliamo anche di disability manager, fragility manager, colui che identifica raccoglie il bisogno lo decodifica lo inserisce nei percorsi, mette in rete tutti quelli che devono in qualche modo rispondere a questo bisogno. E in questo senso va anche il “di comunità”.

Significa che è inserito nel tessuto sociale della comunità che fa rete con tutta la comunità con le reti formali e informali.

Significa che si occupa ad esempio della scuola – ma non solo – perché la scuola è una comunità ed è inserita nella comunità, significa che si occupa dell’ambiente nella logica One Health perché guarda alla promozione della salute e gli stili di vita, ma anche alla necessità di quelle azioni di promozione di prevenzione alla base della One Health, dell’alimentazione, di tutta una serie di altre questioni.

Significa che si occupa sostanzialmente dei temi della prevenzione ed è inserito nel territorio di cui la comunità fa parte.

Niente di nuovo per noi, perché, ripeto, la Federazione lo ha già definito così anni fa.

Forse ora può diventare qualcosa di diverso e di più ricco perché l’esperienza pandemica a noi infermieri oltre le fatiche, lo stress, la paura della malattia e della morte con cui ci siamo confrontati tutti i giorni da 15 mesi a questa parte 24 ore su 24 in ospedale a domicilio, nelle Rsa nei territori, nell’urgenza emergenza, ovunque, ha regalato la ricchezza di entrare nelle case delle persone e di prendere per mano queste persone e i loro bisogni sociosanitari.

Questa ricchezza non ce la potrà togliere nessuno

Non vogliamo essere chiamati eroi, siamo professionisti.

E allora chiediamo di partecipare attivamente a declinare concretamente questi contenuti perché i contenitori li abbiamo e la Federazione li ha accettati, condivisibili o meno. Ora però lavoriamo davvero per i contenuti.

*Editoriale numero Luglio 2021 de L’Infermiere

Ultimo aggiornamento

10 Luglio 2021, 19:06

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